
È davvero possibile una “Gestione sostenibile del territorio agro-forestale”? È proprio grazie a questa riflessione che la Regione Puglia, l’Università degli Studi di Bari e il Centro di ricerca e sperimentazione in agricoltura “Basile-Caramia”, hanno intrapreso un ciclo di seminari in vari paesi della provincia di Bari, in merito a diverse tematiche di carattere ambientale, tra le quali inquinamento del suolo, compostaggio, aree protette e gestione della risorsa idrica. Sembrerebbe un paradosso accostare fenomeni atmosferici opposti, quali alluvioni e siccità, ma è una convivenza assolutamente comune nelle regioni dal clima mediterraneo. Nella tappa casamassimese si è affrontato il problema dell’acqua, vista come pericolo se considerata sottoforma di alluvioni o addirittura se assente, provocando siccità.
Invitati di rilevanza tecnica e professionale hanno contribuito a questo incontro, fornendo la propria esperienza e mettendo a disposizione i loro punti di vista: la dr.ssa Mariagrazia Piepoli (Centro di ricerca “Basile-Caramia”), il dr. Carlo Barnaba (componente giunta Terra nostra nazionale), il prof. Vito Nicola Savino (preside della Facoltà di Agraria, Uniba), il prof. Francesco Gentile (docente Scienze forestali e ambientali, Facoltà di Agraria, Uniba), il dr. Oronzo Milillo (presidente Ordine agronomi Puglia), il dr. Nicola Settanni (responsabile settore agricolo ADOC Puglia) e il dr. Donato Fanelli (Coldiretti Bari).
Dopo il saluto del sindaco Vito Domenico De Tommaso, che ha rilevato l’importanza dell’agricoltura e delle risorse ambientali, il dr. Barnaba ha illustrato le potenzialità della Puglia nel mantenere viva l’agricoltura e il turismo, che però stentano a decollare per l’impotenza dei singoli agricoltori nell’avviare riforme strutturali, a causa del mancato supporto di consorzi di bonifica o di enti di irrigazione. Il preside Savino ha riferito la propria esperienza come responsabile di università, molto disponibile alla partecipazione a questi incontri formativi perché ritiene primaria la formazione della cittadinanza; ha elogiato le costanti ricerche che in merito vengono effettuate, non solo nell’ambito universitario, ma anche al Cnr o in imprese e istituti attivi nel settore. Molto importante, inoltre, ha ritenuto precisare, il contributo che l’università offre agli studenti di scuole superiori, organizzando seminari interessanti e apprezzati dai ragazzi. La dr.ssa Piepoli ha condiviso l’esperienza del loro centro sperimentale, in cui si sono tenuti dei corsi per programmare diversi interventi ambientali nella provincia di Bari e anche nella BAT.
Il fulcro del convegno è stato l’esposizione del prof. Gentile: “Con i seminari si integra l’attività svolta a lezione con gli studenti, nella logica di gestione sostenibile sotto diversi punti di vista: quello economico e quello della sicurezza. La conduzione del territorio va affrontata non nell’ottica tradizionale, secondo la quale i fatti sono inevitabili e bisogna cercare protezione nelle opere ingegneristiche: l’assetto della terra in realtà ha bisogno di una costante manutenzione”. Secondo l’esperto, tutto nasce da un fenomeno naturale, cioè quello del ciclo idrologico; le precipitazioni non sempre tornano al suolo in maniera da essere smaltite normalmente: in un generico impluvio, che è la direzione verso la quale si convogliano le acque meteoriche, un aumento della portata del deflusso avviene generalmente in un intervallo di tempo concentrato e per questo è difficile contenere le piene e avere un preavviso per attivare contro misure. Guardando il rovescio della medaglia, se opportunamente conservate, queste ingenti quantità di acqua, possono essere immagazzinate e usate ai fini irrigui in mesi di siccità.
Dunque si ritiene necessario ragionare non tanto sul problema “naturale”, quanto sul problema delle colture e delle costruzioni, che la maggior parte delle volte occupano territori non idonei al loro uso, infatti non è infrequente vedere le lame (che sono veri e propri letti di fiumi) occupate da coltivazioni che sono le vere “intruse”. Le lame sono corsi d’acqua che si attivano solo in occasione di precipitazioni intense. A fomentare questa dannosa consuetudine, si aggiunge il non corretto dimensionamento della rete di scolo, sia superficiale che sotterranea, ovvero la fragilità che queste opere hanno in alcuni punti deboli che è cagione di cedimenti consistenti. La conseguenza di questo deflusso selvaggio dell’acqua è in primis l’erosione del suolo, manifestazione universale della perdita di una risorsa non rinnovabile che è il terreno: se nel territorio, è presente una corretta e costante attività agricola, essa può, svolgendo il ruolo di vera e propria sentinella, accorgersi subito di queste lesioni che corrompono struttura e composizione del terreno. Se presi in tempo questi problemi possono essere risolti davvero immediatamente, anche a costo trascurabile e con gli strumenti più semplici delle lavorazioni agricole. Se ignorati invece, possono assumere rilevanza di catastrofe. Per non parlare poi delle molte infrastrutture costruite in modo da interferire con i canali volti allo smaltimento delle acque: basta pensare ad attraversamenti ferroviari che “tagliano” il corso di deflusso o sottopassi costruiti senza un adeguato dimensionamento.
Ma la prevenzione e la manutenzione, forse per comodità o per uno “scarica barile” generale, oggi vengono considerate delle utopie: la soluzione sta proprio nel non dimenticare il passato, quando i nostri antenati, più saggi e modesti di noi, dopo 3 disastrose alluvioni all’inizio del Novecento, ben pensarono di ovviare al problema dell’allagamento del bacino della provincia di Bari costruendo i famosi “canaloni” nel capoluogo, che svolgono egregiamente il loro lavoro. Ma a monte di tutto questo, c’è la terra, c’è la natura, c’è il bosco di Mercadante che, impiantato artificialmente, è vitale per assorbire la maggior parte delle acque meteoriche. D’altronde, da studi economici effettuati in un’analisi costi-benefici, è risultato più conveniente pagare l’ attuazione di misure di prevenzione, piuttosto che un risarcimento post-danno.
La conclusione del dott. Milillo: “Le opportunità di finanziamenti regionali, per bandi volti a progettare interventi di tutela del territorio, ci sono, ma purtroppo manca la mentalità del lavorare insieme, di collaborare a stretta dipendenza con tutte le figure professionali competenti. Casamassima possiede molti gioielli ambientali, vanta boschi di tutto rispetto che vanno protetti, perché importanti risorse”.
E la popolazione come risponde a queste occasioni? Dalla presenza del pubblico si direbbe che la cittadinanza volta la testa alle opportunità concrete che si presentano: gli unici uditori del confronto erano solo un paio di giornalisti e qualche assessore/consigliere che ha fatto capolino per meno di qualche minuto. Che fine hanno fatto tutte le associazioni pseudo-ambientaliste che si fanno una bandiera della rivalutazione della Lama S. Giorgio? Come si può pensare al futuro, se i costruttori del domani sono fantasmi in una città?
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