
Partendo da una nota del capogruppo de “La Puglia per Vendola” Angelo DiSabato, secondo cui l’enologia pugliese ha le capacità per essere un importante riferimento per l’intera filiera dell’agroalimentare, abbiamo pensato di curiosare un po’ nella situazione vinicola del nostro paese, per renderci conto della condizione in cui versa Casamassima.
Non l’avessimo mai fatto!
Il tour è iniziato dalla Cantina sociale, “istituzione” che dovrebbe essere in prima linea nel produrre e difendere il made in Casamassima.
Macché! Il numero di telefono risulta inesistente, gli edifici sembrano abbandonati e persino gli zelanti vicini, sempre informati su tutto e tutti, confermano le apparenze con sguardo desolato.
“Ormai la cantina sociale non esiste più. Troppi debiti, hanno venduto tutti i macchinari e all’occorrenza affittano i locali” è il ritornello che ci si sente rispondere da chiunque, se si chiedono delucidazioni in merito.
Gli agricoltori che coltivano uva da vino, quando non la vendono, producono privatamente, per la propria tavola, per passione o per mestiere, ma senza mai aver pensato di fare un passo in più.
Ci siamo allora diretti alla cantina Lattavino, unica realtà commerciale casamassimese nel settore della vitivinicultura, dove ci è stata confermata la triste situazione in cui versa il paese. Ma non tutte le prospettive, pare, sono negative.
“A Casamassima ormai siamo solo noi a produrre vino per la vendita. Allo stesso modo, l’ottanta per cento delle nostre vendite si riversa fuori dal paese, esportiamo non solo in tutta la provincia, ma anche in Europa e in America. Questo ci fa capire che il vino della nostra terra è molto apprezzato all’estero e forse a crederci di più dovrebbero essere proprio le nostre istituzioni”.
Eppure Casamassima ha un’antichissima tradizione legata al vino. I nostri terreni hanno un’origine DOC che però nel tempo si è persa e sappiamo bene quanto al giorno d’oggi sia importante e d’effetto vedere una denominazione di questo tipo su una bottiglia.
“Noi abbiamo cercato di riqualificare e riproporre questo vigneto e siamo riusciti a ottenere il primo vino coltivato, lavorato e imbottigliato interamente a Casamassima, un Primitivo di Gioia del Colle con denominazione DOC” (il 21 ottobre la presentazione).
Non si può più negare che c’è un estremo bisogno di riscoprire e rivalutare il nostro territorio. La nostra terra ha tanto da offrire in termini di agricoltura, e di contro c’è chi ha fatto molto più partendo da molto meno. Cosa ci manca rispetto ai paesi del circondario? Forse solo la faccia tosta di provarci: al Consorzio per la tutela e valorizzazione dei vini doc di Gioia del Colle, fino a pochi anni fa non si era mai presentato nessun casamassimese per iscriversi.
“Noi ci abbiamo creduto, lavoriamo per passione e per valorizzare e difendere il vino locale, che rappresenta il fiore all’occhiello della regione. Siamo associati Coldiretti e aderiamo al progetto Campagna amica per incoraggiare i mercati gestiti direttamente dai produttori e accorciare più possibile la filiera, riducendo i passaggi e i costi; inoltre aspettiamo gli ispettori di Slow food per entrare nella loro guida dei vini”.
La vendemmia 2010 è iniziata da poco e non si sa ancora che quantità avremo. Ma qualitativamente si prospetta buona, le piogge di inizio settembre hanno un po’ rovinato quello che sembrava il raccolto migliore degli ultimi anni, ma niente di irreparabile.
O forse irreparabile è lo stato di abbandono in cui oramai versa l’autostima locale.
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