
Chi scrive è un socio “portatore di interessi singoli” (come definito dallo statuto della società) della società consortile a r. l. Gal Sud est Barese.
Durante la riunione del 19 gennaio ho avuto l’impressione che i rappresentanti delle Amministrazioni Locali – le quali non possono detenere più del 49% del capitale sociale e che attualmente rappresentano circa il 35% del capitale sociale – vogliano o pensino di pilotare “di fatto” l’operatività della società.
Sensazione, per certi aspetti, confermata dalla procedura di nomina, senza un preventivo confronto, una condivisione o una presentazione, dei componenti del collegio sindacale e dalla dichiarazione … ben più densa di significato: … che “ i componenti delle amministrazioni locali non rappresentano solo le amministrazioni ma … in quanto portatori degli interessi delle collettività potranno rappresentare anche i soci minoritari”, riconoscendosi, così, una sorta …. di legittimazione a poter essere portatori anche degli interessi dei singoli soci.
Ritengo necessario ed opportuno che - anche allo scopo di salvaguardare gli interessi dei soci e di evitare che la società consortile possa diventare un veicolo di interessi solo squisitamente politici di fatto gestita e controllata dalle Amministrazioni Locali - i soci “privatistici”, che singolarmente sono poco o nulla rappresentativi essendo numericamente molto numerosi e frammentati, incomincino a pensare a forme di aggregazione (penso a dei patti parasociali) che permettano una maggiore rappresentatività nella vita della società, portando in assemblea decisioni e proposte tra di loro condivise.
Necessità che si appalesa poi più stringente:
· quando ci sarà da nominare il direttore tecnico( con il rischio che la “partita” per la nomina se la giochino solo le Amministrazioni Locali, senza nessun coinvolgimento dei restanti soci e senza la necessaria trasparenza su competenze e professionalità );
· nel caso si voglia convocare l’assemblea dei soci; infatti il codice civile, ed ovviamente anche lo statuto, prevede che gli amministratori devono convocare senza ritardo l’assemblea quando ne è fatta domanda da tanti soci che rappresentino almeno il decimo del capitale sociale.
Senza una aggregazione di almeno il 10% del capitale, i soci “privatistici” si troveranno nella condizione di nulla contare e di non poter esercitare alcuna forma di controllo della società.
L’iniziativa di aggregazione dei “piccoli soci” non deve essere letta o considerata come un tentativo di contrasto nei confronti delle Amministrazioni locali – verso le quali e con le quali ci sarà un leale, aperto e costruttivo confronto sui temi condivisi di interesse comune – ma, invece, avrà il solo scopo di meglio esercitare e difendere (nelle forme previste dalla legge) il proprio ruolo di soci nella costituita società.
L’invito quindi ai soci dei sei comuni interessati, che leggeranno questa mia, ad incontrarci per definire una strategia comune.
Antonio Fortunato
Contrada via Mola 2
Rutigliano
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