L’estate non ci sta portando solo mare e relax. Lo spread è tornato a sfiorare quasi 500!
Non avveniva da metà gennaio.
Quanti leggendo gli ultimi articoli hanno pensato che quanto riportato era un allarmismo eccessivo e fuori luogo? Quanti hanno deciso che non era necessario intervenire con tempestività per mettere in sicurezza il proprio risparmio?
Magari ci pensiamo al ritorno delle vacanze.
Ma sì… non succede. Mica si può paragonare l’Italia alla Grecia o alla Spagna.
Risale a qualche giorno fa, invece, la tegola che si è abbattuta proprio sulle italiche sponde: Moody’s ha declassato di due scalini il rating del nostro paese, portando il giudizio da A3 a Baa2 ed anche 13 banche italiane hanno subito la stessa sorte; in testa Unicredit e Banca Intesa.
Ma allora cosa ha significato l’intesa raggiunta al vertice di Bruxelles, nel corso del quale i leader europei sembrava avessero scongiurato il peggio, adottando nuove misure di stabilizzazione: tetto anti-spread e fondo salva stati permanente (Esm)?
Poco o niente, dato che l’intesa deve ancora essere discussa e resa operativa non prima del prossimo settembre.
L’aumento dello spread è il sintomo, non la malattia, e i dottori dell’Euro-zona non riescono a decidere una cura che salvi definitivamente il malato.
In fondo il ragionamento è più semplice di quanto possa sembrare all’apparenza.
Chi non ha mai avuto una perdita improvvisa a una tubatura nel suo appartamento?
Certe volte, in attesa dell’idraulico, occorre temporeggiare con un secchio che ci aiuti a scongiurare un inopportuno quanto certo allagamento.
Soluzione poco elegante, ma necessaria in attesa dell’intervento risolutore del professionista, che ahimè tarda ad arrivare, e pur assicurandoci un prossimo intervento, proprio non si riesce a sapere quando arriverà.
A questo punto non ci rimane che porre sotto la perdita un secchio più capiente che ci liberi almeno dall’incombenza di svuotarlo troppo spesso e di restare quindi sempre in emergenza. Ma il tubo è ancora rotto e continua a perdere.
E quindi?
L’acqua gocciola (lo spread), il secchio (il fondo temporaneo salva-stati Efsf coordinato con gli interventi della Bce) si riempie troppo velocemente e quindi si prova a contenere la perdita con un secchio più grande (il nuovo Esm).
Ma il tubo (le divergenze economiche tra i paesi dell’Euro-zona e l’assetto istituzionale stesso dell’Unione monetaria) è ancora rotto, in attesa di un intervento che tarda ad arrivare.
La storia insegna che le lotte tra istituzioni e i mercati sono state vinte, inesorabilmente, dai mercati.
Il problema è che la maggior parte delle persone ritiene invece che sia vero il contrario.
In molti pensano che, alla fine, le istituzioni troveranno la soluzione per riparare il tubo e tutto si sistemerà.
Ciò ovviamente è possibile.
Ma c’è qualcosa di estremamente più probabile, nel breve: i mercati proveranno inevitabilmente a testare a fondo la capienza di questo nuovo secchio.
L’intervento del tecnico (i governi e le istituzioni europee) richiede un bel po’ di tempo (mesi, anni?) e le probabilità che l’acqua trabocchi dal secchio nel frattempo sono molto (ma molto) più concrete di quanto la maggior parte della gente creda.
Fortunatamente, in questi mesi il nostro compito di mettere i risparmi più al sicuro possibile ha trovato terreno fertile e ormai è quasi completato.
Quanti giorni ancora restano agli ultimi irriducibili che ancorati alle forme di risparmio che avevano finora garantito la sicurezza (depositi, titoli di stato, obbligazioni bancarie ecc.) sono invece oggettivamente esposti al Grande rischio?
Poi magari non succederà nulla.
E questo non possiamo che augurarcelo, forse.
Ma per quale motivo rischiare quando, grazie alla diversificazione, la sicurezza è realmente a portata di mano?
Commenti
Scrive "Der Spiegel", del 18 Giugno: "L’Italia non avrebbe che da guadagnare da un’eventuale uscita dall’Euro: è quanto sostengono i (pochi) economisti liberi a cui il sistema non concede spazio, preferendo terrorizzare i cittadini sostenendo l’esatto contrario. L’uscita dell’Italia dall’euro sarebbe un problema PER LA GERMANIA, e non per l’Italia. «Con un’uscita dall’Euro e un taglio netto dei debiti la crisi interna italiana finirebbe di colpo. La nostra invece inizierebbe proprio allora. Una gran parte del settore bancario europeo si troverebbe a collassare immediatamente. Il debito pubblico tedesco aumenterebbe massicciamente perché si dovrebbe ricapitalizzare il settore bancario e investire ancora centinaia di miliardi per le perdite dovute al sistema dei pagamenti target 2 intraeuropei. E chi crede che non vi saranno allora dei rifiuti tra i paesi europei, non s’immagina neanche cosa possa accadere durante una crisi economica così profonda. Un’uscita dall’euro da parte dell’Italia danneggerebbe probabilmente molto più noi che non l’Italia stessa e questo indebolisce indubbiamente la posizione della Germania nelle trattative. Non riesco ad immaginarmi che in Germania a parte alcuni professori di economia statali e in pensione qualcuno possa avere un Interesse a un crollo dell’euro.
Quindi,anziché raschiare il barile, usciamone